IL GUSTO E' RELAZIONE E CONSAPEVOLEZZA

martedì 30 aprile 2013

SAN FEREOLO

Presso la rassegna di vini naturali di Cerea (Viniveri 2013), finalmente incontro di persona Nicoletta Bocca, dopo averne apprezzato già i suoi vini attraverso alcuni assaggi ed esser stato incuriosito dalla sua personalità durante la visione del documentario “Senza Trucco” di Giulia Graglia.
Mi avvicino allo stand ed all'inizio ho l'impressione di trovarmi davanti ad una persona riservata, che preferisce studiarti, capire chi sei, prima di aprirsi in modo gentile e sincero tipico di una persona schietta, capace di farti sentire a tuo agio.
Nicoletta Bocca ha un background di degustatrice e consumatrice curiosa in ambito enogastronomico e ad un certo punto questa curiosità non può non portarla al fatidico passo verso il diventare essa stessa produttrice, in quel di Dogliani, di dolcetto, barbera, nebbiolo ed un bianco fuori zona.
Lo fa con passione dal 1992, anno in cui inizia ad acquisire terre e vitigni, pregni di storia, da persone ormai troppo anziane per continuare a coltivarli. Pian piano arriva ad acquisire 12 ettari di terreni sparsi sulla destra del fiume Rea tra Dogliani e Monforte d'Alba che ad oggi danno circa 45 mila bottiglie.
Terreni con memoria storica per dare forza e carattere ai vini. Terreni selvaggi, di boschi e noccioli, esposti a brezze fresche, ideali per il Dolcetto.
Durante il percorso di avvicinamento alla biodinamica, culminato nel 2006, in vigna la parola chiave del suo lavoro è rispetto. Rispetto per la natura, derivato dall'esperienza e dall'osservazione dei fenomeni. Rispetto per la pianta che, come un individuo, si esprime attraverso le relazioni con le altre piante, il terreno e lo spazio. Rispetto per l'uomo dato da una agricoltura che deve saper osservare questi rapporti senza trascurare il portato dell'esperienza del passato e delle tradizioni.
Nicoletta riversa nel lavoro in vigna i valori che le appartengono, attenzione, amore, onestà ed impegno morale, poichè ogni errore in vigna lo si paga poi in cantina.
Dopo una vendemmia manuale, l'uva viene conferita in cantina tramite cassettine da 20 chili. La vinificazione in tini di legno è lenta e spontanea senza il controllo della temperatura e l'aggiunta di lieviti selezionati. Viene ricercata la malolattica eventualmente solo attraverso il controllo della temperatura. L'affinamento, di durata variabile a seconda del vino, avviene in botti di differenti dimensioni ed il vino viene mantenuto a contatto con le sue fecce fini fatte risalire tramite batonnage. Il vino puo' subire una leggera chiarifica prima di essere imbottigliato dove riposa per circa un anno.
Il senso dei vini di San Fereolo è quello di trasferire personalità, consistenza, tenuta, eleganza e schiettezza attraverso la dedizione al lavoro ed il carattere di Nicoletta.
Sanno essere potenti ma non arroganti, viene ricercata la complessità degli odori oltre i profumi primari. Possono risultare chiusi, scontrosi e scostanti, ma se attesi sia lungo la beva che fatti invecchiare, diventano complessi, durevoli, schietti e veri proprio come Nicoletta.
Verticale San Fereolo
Dolcetto 100% da vigne vecchie dai 40 ai 70 anni. Allevato a Guyot, con una densità di impianto massima di 5000 ceppi per ettaro. I terreni prevalentemente calcarei, con una altitudine dai 400 ai 500 metri ed una esposizione a sud, da est a ovest, sono tutti collocabili nel comune di Dogliani con presenza prevalente nelle zone di Valdibà e Valdiberti. Questi terreni tendono a restituire vini tannici e strutturati.
Lasciate quindi ogni pregiudizio che vuole il Dolcetto esprimersi come un vino semplice, fruttato ed immediato. La cura in vigna e l'attenzione in cantina, mai invasive, sono finalizzate per esaltare caratteri di austerità, finezza e complessità. In lotta continua tra un tannino presente e la delicatezza del frutto, a tratti con sfumature floreali, è capace di sorprenderci sempre con una tenuta nel tempo che ne fa un vino da invecchiamento capace di restituirci emozioni cangianti.
2009
Vino giovanissimo, ancora chiuso, prevalgono una acidità ed un tannino ancora da domare. Più giocato su note sapide, speziate e terrose in attesa dell' ”esplosione” del frutto. Attendere ... prego.
2008
Naso leggermente stallatico, un pò vinoso. Improntato su un bel frutto nero maturo. Leggermente speziato con ritorni rinfrescanti e di tabacco.Tannino presente, non ancora svolto ma integrato dal frutto.
2006 (prima annata bio)
Naso leggermente vinoso, dominato da un frutto rosso con evidenti ritorni floreali. Palato corrispondente, tannico. Maturo, polposo, solare con un residuo zuccherino che si avverte. Intenso, persistente. L'anima bio traccia una corrispondenza diretta con l'annata. Comunque piaciuto.
2005
Più maturo , frutto nero in evidenza, sanguigno. Bocca equilibrata, non eccessiva. Sostenuto da una buona acidità.
2004
Naso meno aperto, ma elegante, giocato su un frutto rosso di bosco in confettura ma fresco, fiori passi. Palato corrispondente, fresco, sapido. Un vino ricco ma che riesce a distingursi per eleganza e finezza tirando fuori anche un carattere di mineralità che ne completa le caratteristiche. Una annata dalle medesime caratteristiche della 2004 in Toscana. Chapeau !
2003
Vino dominato una bocca calda, vinoso, leggermente speziato. Presenta segni evolutivi dettati da una frutta matura, macerata. Salvato da tratti di sapidità e freschezza rinfrescanti. Alcolico, non particolarmente lungo.
2001
Atteso il giusto, ecco quello che un dolcetto può dare. Vino potente, ricco ma elegante e con tratti di finezza emozionanti. Il frutto nero e la ciliegia sono ben rinfrescati da una bella nota balsamica. Bocca corrispondente, dritta, minerale, di corpo esile. Tannini integrati, ottima bevibilita', lungo. Chapeau !!

Austri 2001
Tratteggio anche le sensazioni di questa Barbera che mi è parsa classica e particolarmente centrata. 
Reticente al naso con sensazioni più verso il cacao e la liquirizia. Al palato un tannino laterale avvolgente e morbido accompagna bene un frutto centrale croccante. Pronta ma insospettabilmente ancora fresca. Piaciuta.

giovedì 18 aprile 2013

VINITALY E ViViT 2013 ... Parte 3

Eccomi al padiglione della Valtellina. Conoscendone bene i vini e vignaioli, poichè è la zona vitivinicola più vicina a dove abito, tendo sempre a trascurare la visita a questo padiglione. Quest'anno mi sono particolarmente soffermato a parlare ed assaggiare presso l'amica Isabella dell'azienda Ar.Pe.Pe. Azienda che, attraverso tecniche di lungo affinamento in botte grande dei vini e portando avanti l'autneticità del Nebbiolo fatto in Valtellina, sta avendo ormai i riconoscimenti che merita. Sapendoli attendere e ascoltare i loro vini riescono a portarti nel bicchiere l'autenticità del Nebbiolo (scarico, austero) e la tipicità del luogo in cui nasce attraverso la macchia di alta montagna. Si parte dal Rosso di Valtellina, scarico nel colore, semplice ma essenziale, immancabili i fruttini di rovo, di buon equilibrio, rinfrescato da una sapidità inattesa. Grumello Buon Consiglio, colore rubino scarico più tendente al granato, più austero al naso, marasca, già con lievi sentori evolutivi, più complesso e tannico del rosso di valtellina, di buon equilibrio. Sassella Rocce Rosse 2001, qui siamo su un colore più tendente al granato con un unghia aranciata. Al naso spicca una decisa frutta nera sotto spirito accompagnata da odori terziari con prevalenza del tabacco. Bocca da grande Nebbiolo, austero, tannico, con una chiusura sapida ed accenni di erbe di montagna che lo rinfrescano.Vigna Regina 2001, Colore ancora più essenziale del precedente, naso bellissimo, sottile, con il frutto tenue che lascia subito lo spazio a erbe di montagna, rovo, e ad una terziarizzazione verso il cuoio.Palato austero, ma fine, essenziale, la trama tannica lascia volentieri lo spazio ai ricordi olfattivi. Chiude con un bel allungo rinfrescante sapido, quasi agrumato e ricordi di erbe di montagna.Ultimi Raggi 2001, fatto con uve leggermente surmaturate in pianta. Qui il colore è più intenso ed il palato più dirottato verso un frutto rosso in evidenza, ben in equilibrio con una speziatura dolce e richiami di erbe di montagna. Palato corrispondente, intenso ma armonico, con una chiusura asciugante ma fresca. Grandi vini fatti da grandi persone ! Festinalente quindi, fate presto ad acquistali, ma senza fretta nel degustarli.


Immancabile la sosta presso lo stand di Gianfranco Fino.
Il suo Primitivo (Es) ed il suo Negroamaro (Jo),  sono la ricchezza e dolcezza del frutto e la potenza del sole della Puglia nel bicchiere. Vengono da vitigni vecchissimi, recuperati con passione ed amore per la propria terra. Inoltre, nel corso degli anni, attraverso la valorizzazione del terreno e della macchia mediterranea, Gianfranco è stato capace di dare loro una buona bevibilità nonostante il grado alcolico veramente importante.
Es 2011. Colore rubino scurissimo. Polposo, bel frutto concentrato, dolce con una macchia mediterranea dentro che ti arriva al cuore. Nella versione di questa annata, pur rimanendo su una gradazione alcolica da record ( 16,5 Vol), rivedo di più il vino che si riprende una certa bevibilità con tocchi sapidi e minerali. Lunghissimo. Jo 2011. Più austero, giocato su una ciliegia di spagna, mora, prugna. Emerge anche un tannino timido, note iodate, sapide e minerali.
E veniamo al padiglione delle Vigne, Vignaioli e Terroir, anche oltre il biologico all'insegna del rispetto della natura e dell'uomo, con una rigorosa autodisciplina ispirata anche ai principi della biodinamica.

Tenuta di Valgiano. Qui siamo in quel di Lucca e Saverio è una persona affabile, solare e divertente. E' bello soffermarsi e parlare con lui.
Di questi vini mi piace sottolineare la capacità di riportare nel bicchiere il giusto compromesso della composizione dei terreni delle colline lucchesi. La marna argillosa e calcarea che apporta potenza e longevità e l'arenaria del macigno Toscano che apporta mineralità e bevibilità. Palistorti Bianco 2012, è composto da vermentino per il 50%, poi Trebbiano e Malvasia per il 25% e Chardonnay e Sauvignon per il restante 25%. Vinificato in acciaiocon solo una parte di Vermentino affinata in barrique. Ha una veste paglierino dorato, leggermente ambrato. Naso da macerazione. In bocca è un pò evoluto e presenta sensazioni di uva bianca sotto spirito e ananas. Chiude con una nota minerale e rifrenscante. Si passa poi ad un altro Bianco del 2010 ed in verità se ho capito bene composto solo da vermentino, Chardonnay e Sauvignon. Vino curioso, solare, un pò atipico. Naso da mollica di pane impregnata di alcol e da una aromaticità data dal sauvignon. Al palato leggermente tannico, con una nota alcolica calda ed addolcente. Ma veniamo ai rossi. Palistorti Rosso 2010, in prevalenza (70%) Sangiovese, Syrah e Merlot per il restante 30%. Rubino carico che poi si arricchisce di una veste porpora, verso un'unghia di impronta Sangiovese. Parte con un naso leggermente feccino, di impronta "bio". Frutta rossa croccante, leggermente speziato. Al palato caldo, frutto svolto ma presente, minerale. Alcol di ritorno.Tenuta di Valgiano rosso 2010, sulla scia del Palistorti questo è un vino più importante. Attraverso frutta rossa seppur matura, note minerali e speziate, il naso esprime una eleganza e finezzadegne di nota. Al palato il frutto si fa più esile, con tannini fini, minerale e con una speziatura di erbe fini in evidenza che lo raffrescano.  Se volete fare un'esperienza mistica procuratevi una bottiglia Tenuta di Valgiano rosso 2006.

Ora passiamo a due donne. Tenaci, vigorose, degne vignaiole appartenenti alla propria terra ed ancorate alle proprie tradizioni, ma nel contempo lanciate verso un radioso futuro nel mondo del vino.

Arianna Occhipinti. Una spremuta di Sicilia, autentica e verace nel bicchiere. Senza trucco ne inganno alcuno. Passione e cocciuta spensieratezza della gioventù traspaiono dal suo vino, figlio della tradizione ma anche del nostro tempo. Per dirla alla Bertoli " ... con un piede nel passato e lo sguardo dritto ed aperto verso il futuro ... ".
Allora iniziamo gli assaggi e proprio come in un percorso partiamo dai vini base che hanno il nome della strada provinciale SP68 e che ci avvicinano alla semplicità ed immediatezza tipica dei contadini.
SP 68 Bianco 2012, fatto con uve Albanello e Moscato d'Alessandria. Vinificato in accciaio. Terreno sabbioso e calcareo. Con i suoi 11,5 Vol, ti accarezza e ti coccola al naso con la dolcezza della frutta bianca accompagnata da leggere note balsamiche. In bocca è più dritto con in evidenza lo zibibbo in versione secca ed è accompagnato da una piacevole sapidità e freschezza.

SP 68 Rosso 2012, è formato da uva Frappato e NeroD'Avola. La sua semplicità ed immediatezza si esprime attraverso un'anima vivace, fresca, fruttata e delicata a tratti sapida all'interno di una scorza austera e rigorosa dettata dalla presenza del Nero D'Avola.

Frappato 2011, come ho già avuto modo di descrivere in passato questo vino è semplicemente vinoso ma elegante, fruttato, fresco e caratterizzato da una inconfondibile speziatura dolce, cannella, chiodi di garofano, scorze di agrumi. Un vino che lascia parlare l'uva ed il territorio. Come un ospite mai invadente ma che se lo ascolti ti colpisce per la sua personalita' semplice, schietta, autentica che ti conquista.
Siccagno 2010, una versione del Nero D'Avola rigoroso, territoriale, che si distacca dall'idea di un vino alcolico, pastoso, concentrato. Il colore è si un rubino molto scuro, ma già all'olfatto, su un substrato di frutta nera, si rivela fresco, elegante con ritorni di sottobosco e macchia mediterranea. Palato che rispecchia l'olfatto con rilasci balsamici. Trama tannica fine, equilibrato e di buona lunghezza.

Grotte Alte 2006, un vino che io amo particolarmente. Amo sentire la lotta, alla ricerca di un equilibrio, tra il Nero D'Avola e il Frappato. Equilibrio e sintesi che in questo vino si manifestano esemplarmente. Si parte dal colore, purpureo, vivace. Si passa poi al naso, fresco, mediterraneo. Il palato è caratterizzato da note di mora e arancia rossa, pieno con un tannino un pò asciugante accompagnato da una acidità rinfrescante.

In enogastronomia è difficile trovare prodotti, semplici, essenziali e nel contempo profondi, credo che Arianna sia sulla buona strada.

 Elisabetta Foradori. Decisamente orientata e convertita alla coltivazione dell'uva e produzione dei vini attraverso le tecniche ed il pensiero del metodo biodinamico, si sta facendo largo anche oltre i confini italici. I suoi vini sono di impronta Dolomitica, sia per origine sia per carattere.
Nosiola 2011. Fatta in anfora è un vino cosiddetto orange.Colore paglierino leggero un pò ambrato con unghia carta. Al naso ha un pò di ritrosia ad esprimersi. Arrivano in anticipo sentori pseudo macerativi tipici dei vini orange, poi anche un leggero floreale. Al palato è dritta, marmorea, minerale, avvolta da un alcol appena in evidenza e ancora ritorni floreali ed orange.

Sgarzon 2011. Rubino scuro, violaceo. Naso alcol etereo, frutta rossa. Palato tannico da legno, con un frutto ben bilanciato dall'acidità.

Morei 2011, colore più scuro del precedente. Naso leggermente feccino ma si pulisce bene. Frutto marascato ed alcol in evidenza. frutto pieno polposo con una buona acidità. Tannico con la presenza della permanenza in botte avvertibile e ancora da smaltire.
Granato 2010, bel rubino violaceo. Naso di frutta nera matura, ma anche fresco. Al palato il frutto scuro e polposo è ben sorretto e felicemente contrastato da un tannino da raspo ed una buona acidità.
Granato 2009, rubino violaceo scuro. Naso da frutta nera matura, si avverte il legno, leggermente vanigliato. Bocca corrispondente , morbida con tannino avvolgente. Da attendere.


Sempre e solo vini italiani ? Eh no, un pizzico di Francia ci voleva. E che Francia, Borgogna addirittura nel padiglione del ViViT. Il produttore è Prieure Roch. 2009 annata polposetta, ricca un pò opulenta. In questo produttore mitigata da uno stile ed una interpretazione del Pinot Nero tesa ad esaltarne i fruttini e la mineralità mantenendo una  interessante vena di acidità ed estraendo il giusto.
Nuits 1er Cru 2009, è il semplice e più dritto. Frutti di bosco tipo lamponi in evidenza, buona acidità. Fresco, asciutto.

Les Clos des Corves 2009, bel colore da pinot nero, attacco al naso con fragoline e lamponi in evidenza. Palato corrispondente, leggermente polposo con contrappunto minerale ed una acidità a sostegno. Buona lunghezza. Ancora giovane ma di sicure belle speranze.

Clos de Vougeot 2009, più terroso, più morbido con un frutto a fuoco più presente. Bel allungo e buona persistenza.

Un salto lo faccio anche presso lo stand di Nikolaihof. Per me uno dei punti di riferimento per l'Austria del Gruner Veltliner e Riesling da invecchiamento. Gli preferisco sempre la linea dei Gruner Veltliner ai Riesling. Li trovo più a fuoco e mi portano l'austria dei vini bianchi nel bicchiere. Bella tutta la linea dal più giovane fino a quelli ante 1995.

Torniamo in Italia ed andiamo a trovare al suo stand Roberto Bianchi, Valle delle Corti. innanzitutto è necessario conoscere Roberto, che ad un primo impatto, come quando ero andato a trovarlo a Radda, ti sembra, nella sua semplicità, un pò snob. Poi si rivela schietto, gentile, generoso, genuino.
Ma sto parlando di lui o del suo vino ? Ecco se conosci Roberto conosci anche il suo vino.
Il suo Chianti, a volte un pò esuberante nella presenza alcolica comunque ben domata, è una delle espressioni più a fuoco e più caratteristiche di quel terroir. Radda nel bicchiere.

Chianti classico 2008, colore tipico del sangiovese, naso esuberante con un frutto maturo in evidenza con connotazioni floreali. Bocca appagante, frutto carnoso, ed ingentilita da una buona acidità. Tannino morbido. Un pò di alcol in evidenza.
Chianti classico 2009, questo millesimo ha già tutto di suo per regalare un ottimo prodotto. Qui è stato sufficiente essere artigiani in vigna e spettatori in cantina.Il rispetto di un'annata che ha dato vini col giusto equilibrio tra colore, alcol e frutto quì è esemplare ed ancor di più per la Riserva 2009. Vini succosi, espressivi, gestiti in modo tradizionale con rigorosità e austerità, accompagnati da un tannino presente ma fine. Vino da mettere in cantina, perchè sa e saprà dare emozioni tutte chiantigiane, anzi Raddesi.
Riserva 2007, dal rosso rubino intenso. Annata da frutto aperto, carnoso. Naso fruttato e leggermente legnoso. Al palato frutti di bosco maturi, amarena ed a tratti una speziatura che ricorda la liquirizia di legno. Vino nobilitato da una bella acidità a sostegno della freschezza.

mercoledì 17 aprile 2013

VINITALY 2013 ... Parte 2

Passiamo ora alla visita presso il padiglione del Friuli.
Vado a trovare un'azienda che da un bel po' di tempo volevo approcciare ma per un motivo o per l'altro non ho mai potuto testare. Si tratta dell'azienda Ronco del gelso.
Ed ho fatto bene, assaggio il Latimis 2012, si tratta di un uvaggio composto da Riesling, Pinot Bianco e Traminer, vinificato in acciaio. Il naso non e' urlato, ma lieve quasi leggero dove si distinguono nettamente, frutta bianca in alternanza con sbuffi aromatici. Al palato l'entrata è dolce, polposa, ma fresca e quindi non stucchevole. Retrogusto fragrante di mela, persistenza lunghissima.Alcol (13,5 Vol) sapientemente domato.
Passando per il padiglione del Veneto mi soffermo presso l'azienda Merotto famosa per il suo Prosecco DOCG. Assaggio un po' tutta la gamma e parto con il brut Bareta, giallo paglierino quasi carta, naso leggero di frutta bianca, mela, accenni floreali. Palato corrispondente, asciutto e leggermente sapido. Passo poi all'Extra Dry Colbello, perlage più cremoso, nel colore giallo paglierino scarico colgo dei riflessi verdognoli, naso un pò chiuso, leggermente metallico. Bocca cremosa, morbida da frutta bianca polposa, con piacevole  allungo acido, minerale. Ora è il turno del dry, La primavera di Barbara, che ha un naso fragrante da lieviti, mela. Bocca calda, morbida dove ritorna una mela polposa. Attacco dolce. Un po' molle, non è ben sostenuto dalla acidità. Infine assaggio il rosè Grani Rosa, fatto col pinot nero. Bel Colore rosato leggermente anticato, Perlage cremoso, persistente. Naso piuttosto chiuso, ma con accenni di fruttini, fragoline di bosco. Bocca con attacco morbido, si avverte il pinot nero. retrogusto molto lungo con sbuffi di lamponi e fragoline.
Bella linea, vino stilisticamente ben fatto, un prodotto continuo, adatto a ristoranti classici e importanti.

Eccoci presso il padiglione della regione Toscana.
Dove per prima cosa mi soffermo presso lo stand del Consorzio della Vernaccia di San Gimignano ed assaggio la Vernaccia dell'azienda Montenidoli.
 Vernaccia Fiore 2010, da mosto fiore. Vino elegante, fine. Sosta a lungo sulle fecce fini. Giallo paglierino dai riflessi verdognoli. naso piu' floreale, erbe fini, fieno. Bocca piena, rotonda con  frutto aperto di frutta bianca. Vernaccia Tradizionale 2010, da macerazione lunga prima della fermentazione. Colore giallo paglierino intenso, quasi dorato. Naso tipico del vino ottenuto da macerazioni lunghe, anche se un po' restio. Bocca non gridata, con una verve di acidità interessante. Bottiglia ancora in divenire. Vernaccia Carato 2008. E' ottenuta da uva ricca di estratti ed il vino è stato fatto affinare in legno per 12 mesi. Vino predisposto per un lungo invecchiamento. Paglierino carico, limpido. Naso un po' piu' evoluto. Bocca dolce, avvolgente polposa e fruttata. Anche questa ancora in divenire.
Infine assaggio la Vernaccia San Quirico, Isabella Riserva 2006. Colore giallo paglierino pieno, dorato, limpido, brillante. Naso un po' vanigliato, etereo, leggermente torbato, con rimandi di anice e menta. Palato giocato su componenti minerali, con una discreta acidità. Apprezzo molto come invecchiano le Vernacce, poichè, anche se con un po' meno di spinta acida, assomigliano alla impostazione che hanno i migliori chablis.

Mi imbatto ora nello stand dell'azienda Castello di Rampolla. Questa azienda fa dei Chianti di impatto, a tratti rustici, con il legno un po' in evidenza e tannino a volte invadente ma sostenuti da una bella speziatura di alloro ed a tratti balsamica. Partiamo dal Chianti Classico 2011. Colore rubino intenso, naso con un pò di feccino. Frutto croccante, sostenuto da una buona acidità. Ora è la volta del Sammarco 2008. Colore rubino tendente al granato. Al naso confettura di frutta rossa matura, leggermente speziato. Bocca calda, avvolgente, leggermente vanigliato con un tannino astringente in evidenza, il tutto reso sopportabile da note di rabarbaro ed anice. D'Alceo 2008. Sulla falsariga del Sammarco, colore più scuro, naso basato su frutta rossa matura ed terra bagnata, alloro, con un po' piu' di alcol in evidenza. Palato con un tannino rustico persistente ed avvolgente, frutta rossa matura, visciola e ritorni speziati.

Monteraponi, azienda di Michele Braganti, che sto imparando ad apprezzare anche come persona. E' una delle aziende di Radda in Chianti che fanno della tipicita' e precisione la nota distintiva della loro produzione. Pochi altri (Montevertine, Valle delle corti, Le Bonce, Castell'in Villa) fanno un Chianti così tipico e rappresentativo anche se ognuno con la propria impronta.
 Il chianti classico 2010 mostra il lato debole di questa annata e lo relego tra i chianti base senza infamia e senza lode. Anonimo. Ma veniamo alle soddisfazioni, e che soddisfazioni ! Campitello Riserva 2009. Colore rubino leggermente mattonato, naso complesso, fruttato, speziato, tabacco e leggero tocco floreale. Bocca calda, avvolgente ma rinfrescata da una bella spidità e da un tenore alcolico contenuto.  Baron Ugo Riserva 2009. Fatto per 80% con l'uva proveniente dalle vigne vecchie. Anche qui un rubino leggermente mattonato. Al naso questo vino ti porta subito a contatto con la terra del Chianti, frutto rosso aperto, humus, foglie secche, sottobosco, viole. Al palato è corrispondente, non aggressivo dal tenore alcolico attenuato, sapido, equilibrato, ampio, complesso. Chapeau !!!!!! Veramente un bel Chianti.

Entriamo nella zona dei vini del consorzio del Brunello di Montalcino.
Qui il numero di aziende vinicole da voler approcciare è elevato e si impone una scelta, che sarà dettata dal cuore ( produttori amici ) e dalla curiosità ( produttori sconosciuti ).

Iniziamo con Tiezzi. Rosso di Montalcino 2011. Viene da Poggio Cerrino zona nord-est, coltivato su un terreno di galestro, sabbioso ed argilloso da vigne vecchie di circa 30 anni. E' la sottrazione di vino al Brunello anticipandone l'affinamento. Ha un naso con un frutto accennato ed una speziatura di alloro in evidenza. Al palato sis sente la presenza del tannino e dell'alcol attraverso una ciliegia netta. Abbastanza lungo. Passiamo poi al Brunello di Montalcino 2008. Questa è l'evoluzione qualitativa del rosso di montalcino attraverso lo stesso timbro e sensazioni. Spezie un pò piu' dolci ed un alcol scaldante. Vigna Soccorso 2008. Viene da una particella a sud-ovest attaccata a Montalcino, posta ad una altitudine di circa 560 mt, da vigne di 14 anni. Luogo con una buona escursione termica e ben ventilato. Colore tipico del sangiovese, naso con un frutto maturo un pò troppo sparato, alcol etereo, leggermente speziato. Al palato il frutto maturo ancora ben tratteggiato è ben bilanciato dall'acidità anche se l'alcol risulta ancora non ben domato. Brunello di Montalcino Riserva 2007. Naso un pò evoluto, alcol che scalda molto, palato un pò vuoto, rinfrescato da leggere note balsamiche.

Proseguiamo con un'altra azienda molto interessante, condotta dal giovane e bravo Riccardo Campinoti, Le Ragnaie.
Chianti Colli senesi 2011. Normalmente scarico e giocato più sull'eleganza e la finezza, vedi la 2009, per questa annata l'ho trovato più carico, fruttato e con un alcol più in evidenza.
Ora il rosso ed il brunello base, semplici ma mai banali, territoriali e di facile beva.

Rosso di Montalcino 2011. Morbido, fruttato, leggermente speziato, alloro. Chiude con un tannino ben presente e tracce di china. Alcol etreo.

Brunello di Montalcino 2008. Si caratterizza come fruttato, caldo, terroso, speziato, con un tannino giustamente estratto. Sollevato da una leggera acidità agrumata e ricordi di radici. Alcol etreo.

Brunello di Montalcino V.V. 2008 e Brunello di Montalcino Fornace 2008. Questi due straordinari brunelli, territoriali, sono emblematici per le differenze date dal terreno e microclima da cui provengono. In questa annata gli ho preferito il Fornace, bilancia meglio l'estrazione e il calore con un allungo più sapido, minerale.Mentre il V.V. 2007  era semplicemente splendido.

Dall'amica Laura dell'azienda Gianni Brunelli trovo un'accoglienza ricca di gentilezza, generosità e semplicità davvero emozionante. Ti senti a casa. E' necessario anche aggiungere che possiede un ristorante, Osteria Le Logge in quel di Siena, adiacente alla piazza del palio, dove si mangia proprio bene e dotato di una cantina veramente caratteristica direttamente sotto.
Amor Costante 2009 Toscana Igt, classico Merlot toscano, colore rubino molto scuro, frutto rosso maturo da confettura paradossalmente aggraziato da una leggera ruvidezza e da  ritorni amarognoli di radici.
Rosso di Montalcino 2011. Colore brillante, bel frutto maturo ma croccante, presenza alcolica leggermente disturbante. Bocca matura, corrispondente, si avverte l'alcol che scalda, alleggerita da mineralità e freschezza.
Brunello di Montalcino 2008. Anche se ancora giovane, la presenza del frutto, l'impronta alcolica importante, sono ben bilanciati da una mineralità, florealità e freschezza che lasciano intravedere una rosea evoluzione.

Brunello di Montalcino Riserva 2006. Colore rubino profondo. Naso austero, intenso. Attraverso un frutto marascato fa capolino il cuoio. Al palato il frutto retto da una buona vena di acidità si accompagna con note minerali e balsamiche. Il tannino è ancora in evidenza ma che si sta sempre più integrando. Giustamente lungo. Buon Brunello.

TO BE CONTINUED ...

lunedì 15 aprile 2013

VINITALY 2013 ... Parte 1


Tutti gli anni valuto se andare o meno al Vinitaly e poi decido sempre di andarci.
Alla fine ci si va ed è giusto andarci perchè è la fiera italiana più importante ed estesa del settore, perchè è la rappresentazione di come si pone il mercato italiano del vino verso il mercato globale, perchè è la plastica e fisica rappresentazione del mondo del vino italiano verso l'estero, perchè è l'agorà delle relazioni personali e commerciali degli addetti ai lavori, dove ognuno gioca il proprio ruolo e lo deve saper fare sempre al meglio da solo o in collaborazione con gli altri in un mondo sempre più globalizzato.
Vivere da vicino questa fiera permette quindi di toccare con mano come siamo capaci, come sistema paese, come produttori di vino, come commercianti, come enotecari, come ristoratori, come somellier, come semplici appassionati di vino ed enogastronomia, di fare sistema verso un mercato sempre più globale. E devo purtroppo dire che siamo indietro, ancorati ancora ad una vecchia concezione di impostazione fieristica autoreferenziale ed individualistica incapace di aiutare gli operatori del settore  a fare sistema.
In questo scenario quindi i piccoli produttori, le realtà locali, i custodi autentici delle tradizioni, trovano pochissimo spazio a vantaggio di una industria del vino che si fa essa paradossalmente paladina di questi valori pur essendone la negazione.


Non a caso l'iniziativa Vigne Vignaioli Terroir (ViViT), replicata anche quest'anno, ha riscosso un grande successo attraverso uno spazio che ha acceso la luce in modo sistematico su realtà produttive che incarnano i valori più autentici della terra e delle tradizioni nel rispetto dell'ambiente e dell'uomo. Far conoscere questa Italia del vino nel mondo globale passa però anche attraverso la capacità di fare sistema  e di valorizzare come un unicum le associazioni e e le cooperative che portano avanti questi valori.
Quindi eccomi anche quest'anno al Vinitaly.

Da degustatore formato ed appassionato di enogastronomia ed etica del gusto, lo scopo è stato quello di incontrare tanti produttori amici e di individuare altre realtà capaci di stimolare il mio interesse e la mia curiosità entrando in relazione con me attraverso il loro prodotto.

Il primo padiglione che decido di aprrocciare è quello della Franciacorta. E' un padiglione che tradizionalmente attrae  moltissima gente e quindi un afflusso cospiquo è da mettere in conto. Lo stile di approccio al cliente da parte di quasi tutti gli espositori è stato quello di mescita stile aperitivo al bar. La competenza degli addetti, quasi sempre zero, e dove c'era il produttore, quasi sempre forniva risposte con aria di sufficienza e superiorità non rispondendo a domande specifiche e tecniche. Per gli assaggi che ho deciso comunque di compiere (Colline della stella, Faccoli, Uberti, Mosnel, Boscaiola ) mi è sembrato di intravedere nelle nuove cuveè un fil rouge di impostazione stilistica simile imperniato su un naso fragrante, un pò evoluto, leggermente fungineo, anche per i "Dosaggio zero" in contrappunto con un palato piuttosto dritto, fresco ed inconfondibilmente franciacortino.

Scappando dalla ressa trovata presso il padiglione della Franciacorta, mi reco presso quello dell' Altoadige.
Pur essendoci molta gente quì riesco a trovare una dimensione più accettabile anche in termini di disponibilità e competenza presso gli stand. Per quello che una fiera può permettere, riesco quindi ad effettuare una bella coparata di Pinot Bianco.


Girlan
Il registro dei vini di Girlan, in sequenza il base 2012 (solo acciaio) e la riserva Plattenriegl 2012 (legno grande) è giocato su un colore giallo paglierino chiaro con riflessi dorati brillanti e richiami verdognoli appoggiato da sentori di pera sia al naso che al palato. Entrambi hanno una buona acidità agrumata e mineralità. La riserva è più lunga, presenta una nota erbacea al naso ed un frutto piu' persistente al palato, mentre il base è più dritto ed ha un ritorno retroolfattivo di alcol etereo.




San Michele Appiano
Assaggio il base e il Schulthauser 2012. Il base si presenta con un naso reticente con alcol etereo in evidenza. Timidi accenni di frutta bianca e sentori vegetali. Al palato riprende lo stesso registro ma è un pò vuoto. Non è lunghissimo. Lo Schulthauser al naso aggiunge anche una nota di foglia di pomodoro ed ha un palato più pieno con un allungo sapido. Buona lunghezza.


Tra i due secondo me il Girlan, anche se di minor impatto, ha una cifra stilistica superiore e riesce a domare meglio l'alcol.


Ora si va al padiglione della Campania, quello dove ho trovato una accoglienza migliore e di qualità, con la possibilità di confronto con i produttori. Disponibili e gentili.
Entrando sulla destra mi reco subito da due produttori di Falanghina dei Campi Flegrei. Perchè avevo già deciso di conoscere di più questo vitigno fatto in questa zona vulcanica e marina, ancora con viti a piede franco poichè la fillossera in quei terreni non attecchisce.

 Questo produttore si chiama Contrada Salandra, vengo subito accolto molto bene dalla signora che mi mette a mio agio ed è incuriosita dalla passione che vede nel desiderio mio di degustare e voler conoscere il suo vino.
La Falanghina 2010 si presenta con una veste giallo paglierino chiaro, dorato brillante sulla corona. All'olfatto incedono un pò di note macerative. Il palato viene avvolto da una buona acidità con un allungo fruttato ed una buona chiusura sapida. L'alcol si fa sentire scaldando lo stomaco. Purtroppo la versione 2011 mi è stata proposta ad una temperatura troppo bassa ed ho potuto intuire un alcol ed un impatto da uve che forse sono maturate troppo.

Dopo due stand mi fermo presso La Sibilla. Mi accoglie il figlio giovane alla presenza dei due genitori. La conduzione dell'azienda è di impronta famigliare. Parte dei loro vigneti si trova praticamente all'interno di due crateri ormai spenti da anni, con i due mari adiacenti a sud di Napoli. Il terreno è formato da ceneri e lapilli ed è accarezzato dalla brezza marina in una situazione microclimatica molto tipica.
Falanghina 2011.
I vigneti a piede franco sono proprio sul mare e sono caratterizzati da terreni ricchi di sali minerali che hanno una falda acquifera termale sottostante.
Di questa Falanghina colpisce subito un naso iodato con una leggera nota di macerazione, con una corrispondenza naso bocca che rafforza il carattere sapido ed a tratti salato di questo vino.
Cruna dell'ago 2011
Questa versione viene da vigne vecchie di oltre 37 anni e viene fatto eseguire un affinamento piuttosto lungo su fecce fini.
Lo stile iodato, salmastro della precedente è anche qui confermato. Oltre la nota macerativa qui il palato si arricchisce anche di una bella acidità e di una pesca bianca.
Domus Giuli 2009
Qui non abbiamo solforosa aggiunta se non all'imbottigliamento.
Il colore qui si fa più carico, dorato,. Il naso si caratterizza anche di note floreali, camomilla. Bocca a tratti tannica e da macerazione spinta.

Passiamo ora ad altri due vitigni, il Fiano di Avellino e il Gerco di Tufo con uno dei produttori esemplari e più di riferimento per la tipologia. I suoi vini sono noti per la vigorosa verve di acidità che li caratterizzano.


Raggiungo lo stand di Pietracupa. Vengo accolto da Sabino Loffredo, anche se di primo achito ti sembra un pò burbero poi si rivela una persona gentile e pacata, nonchè disponibile.
Fiano di Avellino 2011
Naso sfaccettato, leggermente fumè, floreale profumato, fieno, timo. Attacco al palato con frutta bianca non eccessiva e chiusura leggermente amarognola, riconoscibile da una acidità trascinante.
Greco di tufo 2011
Greco più giocato su sentori fruttati, al palato ha una acidità sferzante.
Greco di tufo 2012
Prova di botte. Caratterizzato da una acidità oltremodo spinta. Troppo giovane. S.V.


TO BE CONTINUED ....

domenica 14 aprile 2013

CRONACHE DA ... VINIVERI (CEREA) 2013


Il concetto di autenticità, rispetto per la natura e per la terra, valorizzazione delle diversità culturali e territoriali, diffusione delle tradizioni, è alla base dei principi dei produttori "Vinoveristi". I loro vini sono unici come le persone che li producono ed il territorio da cui provengono. Nel vino ci trovi l'essenza del "terroir".

Questi produttori si attengono rigorosamente, attraverso autocertificazione, alla Regola del Consorzio dei Viniveri, subordinandosi ai relativi controlli del consorzio stesso.
La Regola riassume in se i dettami di comportamento da applicare alle attivitè in vigna ed in cantina, ispirata dal principio di naturalità nel rispetto della terra, dell'ambiente e dell'uomo.


Nel capannone espositivo di Cerea, si respira un'aria rustica, contadina, famigliare e ci si sente subito a proprio agio. E' grande, luminoso e gli spazi espositivi ben strutturati, permettendo una corretta fruizione della degustazione e rapporto con il vignaiolo.


Con tutti i limiti delle condizioni di assaggio di una rassegna fortemente rappresentativa ma giocoforza massiva, è stato possibile individuare, a mio modesto avviso, alcuni vigneron, anche amici, degni di segnalazione e di approfondimento.

Iniziamo da Casa Coste Piane  che presenta un Prosecco sur lie fatto con lieviti indigeni attraverso una rifermentazione spontanea in bottiglia. Il risultato e' un Prosecco che pur giocando sulle note classiche di mela si caratterizza soprattutto per la sua mineralità e sapidita' che fanno da contrappunto. Il frutto si assottiglia al palato attraverso la sensazione di buccia di mela. Siamo di fronte ad un Prosecco che fa parlare il terreno marnoso.


Passiamo ora a Zidarich, i suoi vini stilisticamente macerativi, hanno tutti una impostazione che parte dal colore giallo leggermente dorato e velato fino ad arrivare ai sentori macerativi con un alcol glicolico in evidenza.
Ho apprezzato maggiormente la malvasia 2010 con un naso fruttato ma fresco a tratti floreale e salmastro con accenni di erbe fini e secche ed una bocca morbida di frutta e uva bianca, anche se devo dire la Vitosvka 2009 aveva un naso splendido.

Prima della produttrice, prima del contadino, incontro un'amica.
Giovanna Morganti, Podere le Bonce. Da anni in quel di Castelnuovo di Berardenga fa un Chianti esemplare, territoriale, genuino, solare con un alcol ben domato dalle componenti dure compreso un tannino asciugante che si addomestica col tempo aiutando, assieme all'alcol, la longevità. Ho potuto apprezzare il chianti Le Trame 2010. Naso leggermente disturbato da un ritorno un po' di feccino, ma che si è fatto apprezzare per la fragranza del frutto. Un palato ancora giovane, segnato da un tannino asciugante, è però piacevole. Il frutto croccante, fresco, assieme ad una semplicità e linearità esemplari, domano l'alcol e gli danno una bella bevibilità.

Ed eccoci presso un vigneron giovane e pieno di entusiasmo. L'azienda si chiama A' Vita e produce un gaglioppo pieno e allo stesso tempo scarno, austero, lineare, un po' alcolico, che lo fa assomigliare ad un Nebbiolo. Anche se quest'anno i vini erano piu' pieni e coloriti. Un'esperienza da provare.


Impossibile non fermarsi da Stefano Amerighi e non provare il suo Syrah 2010 da Magnum con una bella ciliegia croccante in evidenza ed una leggera ed intrigante speziatura. Alcol e morbidezza giocano ancora un ruolo prevalente, ma è un purosangue nel suo genere che di anno in anno viene sempre più "raddrizzato".







Infine ecco la sosta presso due Barolo di sicuro rilievo ed eccellenza, di Cappellano e Rinaldi.
La serie di Rinaldi dal Nebbiolo 2011 al Barolo Brunate 2009 mi ha dato l'impressione di vini belli, precisi, puliti, già leggibili e fruibili, ma come se fossero stati stilizzati. Piu' rustico, tradizionalista invece mi è parso il Barolo 2008 di Cappellano.