IL GUSTO E' RELAZIONE E CONSAPEVOLEZZA

venerdì 27 dicembre 2013

Osso San Grato 1999 ... una Spanna sopra

A Natale si sa, a tavola c'è sempre molta confusione e chiacchericcio dei parenti. L'assaggio del Gattinara dell'azienda Antoniolo, Osso S.Grato 1999 mi cattura ed isola da tutta la confusione natalizia e mi propone l'immagine nitida ed il ricordo di mio nonno paterno.
Un persona integra, onesta, per bene, di poche parole, ma tutte dette al momento giusto. Corrispondente al proprio fisico alto, slanciato, asciutto, forte; lavoratore del ferro indefesso e fabbro anche un pò artista. Fedele alle proprie origini ed alle tradizioni, pronto ad una parola ogni volta che avevamo la pazienza di ascoltarlo.


Grazie Osso S.Grato per avermi regalato questa bella emozione.

"Quando trovo in questo mio silenzio 
una parola scavata è nella mia vita
come un abisso" (Ungaretti)


Potevo anche descriverlo così.

Dopo 2 ore dall'apertura. Colore da Nebbiolo evoluto mostra i segni del tempo, ma non li subisce. Naso poliedrico che abbandona sentori di frutta rossa  a vantaggio di uno spettro olfattivo di foglie umide e fiori passi con intrusioni di radice ed erbe di montagna. Palato corrispondente,  asciutto, nerboruto, con un corpo scarno ma tenace. Si esprime come un Nebbiolo del Nord del Piemonte di razza. Si avverte la tensione delle viti alla ricerca di vita oltre l'esiguo strato organico che caratterizza il sottosuolo scheletrico e ricco di sali minerali. La progressione lunghissima  in bocca è accompagnata da una acidità da fruttini di bosco tipo ribes, da note pungenti leggermente balsamiche, tanniche e ferrose.  Chiude  lasciando una sensazione di aquolina come data dal succo di arancia rossa. Gran bel vino.

Ma che Gusto ci sarebbe stato ?

lunedì 16 dicembre 2013

ORIZZONTALE BRUNELLO DI MONTALCINO 2001

Se ricordo bene era il 2007, un anno dopo la rassegna Benvenuto Brunello nella quale erano apparse per la prima volta le bottiglie di Brunello di Montalcino annata 2001. Mi trovavo in Toscana durante uno dei miei tour enogastronomici accompagnato dalla mia mountain bike ed ho attraversato anche, per la prima volta in bicicletta, il magico quadrato della zona di produzione del Brunello di Montalcino, delimitato dai fiumi Orcia, Arbia, Asso e Ombrone.
Ho percorso le zone di Sant'Angelo, Camigliano, Castelnuovo dell'Abate, Montalcino, Tavernelle, Torrenieri, visitato l'abbazia di Sant'Antimo ed ho potuto ammirare da vicino gli oliveti ed i vigneti protetti dal monte Amiata che si estendono per circa 24.000 ettari di cui circa 3000 vitati. Visitando alcune cantine ed incontrando alcuni produttori, ho calpestato il suolo ilcinese basso, costituito da detriti e da uno strato attivo profondo, ed alto, con un bello scheletro e composto dai frammenti delle rocce originarie di galestro ed alberese con uno strato attivo meno profondo.

Ho potuto sentire addosso il clima tipicamente mediterraneo. Condizioni ideali per portare a compimento la piena maturazione delle uve di Sangiovese Grosso atte a produrre il Brunello di Montalcino.
Il Brunello di Montalcino per divenire tale attraversa un disciplinare che declina un approccio rigoroso dalla vigna, all'affinamento, fino alla distribuzione.
Di seguito sono riportate le norme previste dal Disciplinare vigente così come previsto dal Decreto 19/5/1998.
- Zona di produzione: Comune di Montalcino
- Vitigno: Sangiovese (denominato, a Montalcino, "Brunello")
- Resa massima dell'uva: 80 quintali per ettaro
- Resa dell'uva in vino: 68%
- Affinamento minimo in legno: 2 anni in rovere
- Affinamento minimo in bottiglia: 4 mesi (6 mesi per il tipo Riserva)
- Colore: rosso rubino intenso tendente al granato per l'invecchiamento
- Odore: profumo caratteristico ed intenso
- Sapore: asciutto, caldo, un po' tannico, robusto ed armonico
- Gradazione alcolica minima: 12,5% Vol.
- Acidità totale minima: 5 g/lt
- Estratto secco netto minimo: 24 g/lt
- Imbottigliamento: può essere effettuato solo nella zona di produzione
- Immissione al consumo: dopo 5 anni dall'anno della vendemmia (6 anni per il tipo Riserva)
- Confezionamento: il Brunello di Montalcino può essere posto in commercio solo se confezionato in bottiglie di forma bordolese.

In generale il Brunello di Montalcino si presenta con un colore rubino brillante tendente al granato con una inconfondibile unghia aranciata. Le sue componenti dure, come il tannino e l'acidità, ne costituiscono l'ossatura, contornata da un frutto rosso croccante o di confettura con a volte incursioni speziate, di sottobosco  e leggermente vanigliate. La cifra stilistica è quella di un grande vino armonioso, elegante, asciutto e con un'ottima persistenza.

Il sito del Consorzio del Brunello di Montalcino, da cui è tratta la sintesi del disciplinare qui pubblicata, può essere un riferimento utile di approfondimento.

Dopo questo viaggetto avevo messo in cantina un pò di bottiglie. Talune rappresentative del lato più "modernista" della vinificazione del  Brunello di Montalcino, altre appartenenti più al filone "tradizionalista", anche se ormai l'allargamento delle zone vitate della denominazione e l'avvento delle moderne tecniche di vinificazione allontanano sempre di più il Brunello dal proprio territorio.


Finalmente sono riuscito ad organizzare questa Orizzontale per vedere l'evoluzione dell' annata, climaticamente ottima, rispetto ad una impressione buona, ma devo dire non ottima, che avevo avuto durante gli assaggi nel 2007 di un vino sbilanciato verso le componenti dure, con tannini verdi, frutto meno tattile e poco sfaccettato all'olfatto.

Le bollicine iniziali non potevano mancare. Metodo Classico, non dosato, insolito.
Abissi di Bisson. La 2011, appena messa in commercio. Affinato nei fondali dell'area marina di Portofino ha potuto avvalersi di un elevage esclusivo, riposando ad una temperatura ottimale praticamente costante, avvalendosi delle condizioni di pressione sia interna che esterna  e del movimento naturale dato dalle correnti, mantenendo così in sospensione i lieviti. Più una curiosità o una chicca enologica ?. Mah ... lo proviamo.
Le uve utilizzate sono la Bianchetta ed il Vermentino. Si presenta con un bel colore giallo paglierino brillante e carico. Il perlage è fine e persistente. Il naso, inizialmente reticente, è sussurrato con sbuffi iodati che si alternano con incursioni più dolci. Il palato è asciutto, corrispondente, comandato dal varietale del vermentino. Chiude con una discreta persistenza leggermente amarognola.
Beh, al di là dell'aspetto mediatico ed affascinante dell'affinamento marino, un metodo classico fatto bene.



Finalmente a tavola e con le pappardella al ragù di Cinghiale  seguite da una bella costatona di manzo Piemontese con le patate al forno, iniziamo con le tre batterie alla cieca.

Batteria 1:
Per entrambe le bottiglie si rintracciano segnali "modernisti". 
La prima li esprime tutti nella complessità che un buon affinamento in legno può dare ad un vino nel tempo. Il vino si distingue per una impronta di liquirizia, contornata da sensazioni di sottobosco con incursioni balsamiche. L'alcolicità è ben bilanciata da un'ottima acidità che restituisce un frutto croccante e favorisce la beva nonostante i 14,5 Vol. Tannino svolto, ottima lunghezza che ricorda l'olfatto. Un vino complesso, sfaccettato.  Svelato si tratta del Brunello di Montalcino di Fanti, che ha sorpreso tutti.

La seconda, si evidenzia tramite l'alternarsi del frutto con una buona mineralità, ma è contaminata da un insidioso tappo che via via viene fuori sempre di più. Svelato si tratta del Brunello di Montalcino di Silvio Nardi. Peccato.

Batteria 2:
Batteria di facile decodifica.
Da una parte un vino dal colore inequivocabile di un sangiovese purosangue. Il naso non è immediato ma ti riporta alla macchia mediterranea. Frutto rosso con incursioni floreali e di radice. Minerale. La trama tattile non è quella di un vino esuberante, ma fine ed elegante, fresco con una leggerissima velatura vanigliata in conversione al tabacco dolce. Buona persistenza. Assolutamente un Brunello di impronta classica, me lo aspettavo forse un pò più sfaccettato e complesso. Non gli ho trovato la solita grip, non riesce a sferrare la zampata decisiva. Svelato era il Brunello di Montalcino Poggio di Sotto.

Dall'altra un vino dal vestito granato leggermente scuro e caratterizzato dalla tostatura e dai tannini delle botti di rovere, anche se inizia a smorzarsi. Sotto la patina di astringenza asciutta il frutto rosso è pieno, maturo. Lo solleva una discreta acidità ed una speziatura fresca di alloro e ginepro.  Un Brunello travestito da Bordolese ed i 14,5 Vol si sentono tutti.  Spiazzante. Svelato si tratta del Brunello di Montalcino di Siro Pacenti.

Batteria 3:
Il primo è un vino nervoso, libero, il più rustico di tutti, ma aderente alla tipologia. Segue il paradigma di un Brunello di Montalcino ma lo interpreta. Prende la macchia mediterranea, ma la rivisita. Le rivisitazioni consistono in inierzioni di speziatura, china, iodio, viola, goudron che lo rendono selvatico ma ben gestito. Fedele, ma particolare. Sangiovese purosangue, selvatico. Svelato si rivela essere il Brunello di Montalcino Schiena d'Asino di Mastrojanni.

Il secondo incede nel bicchiere con il classico colore del Sangiovese, rubino intenso al centro e tendente al granato, brillante; per poi declinarsi verso un'unghia aranciata. Il naso si focalizza su una ciliegia croccante, con ritorni floreali di viola passa e sbuffi balsamici. Palato corrispondente che si esprime con una piena tattilità vellutata da vino di grande struttura, equilibrato, armonioso. Finale lungo, balsamico e chinato. Tannini ed acidità lo collocano ancora in un area di estrema giovinezza. Inizia adesso a mettere le basi per essere un grandissimo Brunello.Svelato si tratta del Brunello di Montalcino Riserva di Biondi Santi.


mercoledì 4 dicembre 2013

NUOVA TRATTORIA DAC A TRA'

La Nuova Trattoria Dac a Trà, si trova a Castello Brianza (LC). Spesso personaggi dello spettacolo ed in questo caso dello sport, si cimentano in avventure imprenditoriali in ambito enogastronomico. Tassotti e Donadoni, ex calciatori del Milan, non sono stati da meno. Agli albori la popolarità del locale si segnalava per il carattere glamour dato dal richiamo di proprietari importanti e conosciuti. Con l'arrivo del giovane chef Stefano Binda e del suo staff composto da Dario Colombo ed Eleonora Mandelli, da ormai 3 anni, la Nuova Trattoria Dac a Trà si sta imponendo per la qualità dei piatti, attraverso l'utilizzo di un'ottima materia prima e la continua ricerca ed affinamento delle tecniche operato da Stefano; senza dimenticare l'ancoraggio alla tradizione culinaria brianzola. Non a caso recentemente è giunto il meritato conferimento della Stella Michelin. 
Giudizio Il sole nel vino : 14,5/20


 Il locale si colloca nel paese di Castello Brianza con una presenza discreta ed elegante all'ingresso, che contrasta un pò con l'aria leggermente retrò ed un pò barocca della sala, caratterizzata da colonne azzurre decorate in calce a rilievo con temi agresti. 


L'accoglienza da parte della Maitre Alessandra Marchesi, mette a proprio agio e ben si sposa con la filosofia di accoglienza da cui prende il nome il locale. Dac a Trà, che in dialetto brianzolo significa "dagli retta". Da sottolineare che questo locale offre il servizio BYO ovvero "Porta il tuo vino", dando la possibilità ai clienti di poter portare una propria bottiglia importante per condividerla con gli amici. Questo è sicuramente un plus.

La mise en place è di retaggio della cucina povera brianzola, dove spicca il bicchiere colorato per l'acqua. Anche il menu a cartelletta, scritto con i caratteri della macchina da scrivere, conferisce alla tavola un carattere famigliare, semplice ma mai banale.

Per tutta la durata della cena siamo stati ottimamente coccolati dalle cure e dai giusti tempi di servizio del personale di sala, preparato, premuroso, gentile, discreto, mai invadente. Ottimo servizio.

Scegliamo di farci emozionare dal servizio alla mano delle portate scelte dallo Chef Stefano e bagnamo la nostra cena con un Donà Blanc 2006 ed un Rosso di Valtellina dell'azienda Ar.Pe.Pe, scelti da una discreta carta dei vini.

L'idea di cucina che traspare dai piatti dello Chef Stefano Binda parte da una selezione accurata della materia prima, passa attraverso una continua ricerca della migliore tecnica e subisce incursioni della tradizione brianzola. Il risultato finale è un riuscito connubio tra l'alta cucina ed il conforto della tradizione. Attraverso la ricerca della miglior tecnica, con contaminazioni francesi nello stile e spagnole nella tecnica, le creazioni hanno il fascino a tratti di opere incompiute, ma appunto per questo vive, più vicine. Con i suoi piatti lo chef ti coccola, ti dà retta ( Dac a trà), lo senti vicino.




 Il pane. Fatto in casa con pasta a lievitazione naturale. Composto anche da focaccia e carta musica rivisitata al curry.


 Per iniziare. Roll di pollo al formaggio e caprino con le noci. Cono di verdure disidratate.


Storione marinato, tartufo di caviale, verdure disidratate, maionese ai broccoli. Ottimo l'uso delle consistenze e dei profumi. Carciofo 2013. Buona l'idea di utilizzare tutte le parti del carciofo partendo dal gambo fritto alla milanese.

Crudità di tonno al coltello.


Risotto giallo e ravioli morbidi di zucca al tartufo nero. Ottima la tecnica di lavorazione e di cottura a bassa temperatura dei ravioli che risultano morbidi, teneri, saporiti e mai pastosi.


 Ravioli al crescione con ripieno di rana.

 Fileto di fassona in crosta di pane, con crema di topinambur. Tagli di agnello iberico in salsa Goulash. Materia prima di eccellenza e buona cottura delle carni. Ottima la fassona giocata meglio sui profumi, le consistenze tattili e i contrappunti al palato; dalla dolcezza della crema alla sapidità della crosta passando per la morbidezza della carne.

 Noce di Macadamia, mela verde e miele Km 0


Frutta al cucchiaio e coccole finali.

lunedì 25 novembre 2013

GOLOSARIA 2013


Record di oltre 40 mila presenze a Golosaria, rassegna di cultura e gusto, ispirata dal best seller il Golosario del giornalista Paolo Massobrio, conclusasi lunedi a Milano presso Superstudio Più di via Tortona 27, zona Porta Genova.
Un pubblico sorprendentemente giovane e attento ha riempito i 20 show cooking in programma, ma anche gli incontri per imparare a grigliare e quelli all'ora del tè, oltre che affollato i numerosi stand di cibo e vino.
E’ stato un successo anche per il piatto per Expo, ovvero il Timballo del mondo, come segnale della dimensione anche internazionale dell’evento.
Quindi Il sole nel vino non poteva mancare, anche se ho vissuto tutto questo non senza qualche difficoltà nel riuscire a parcheggiare l'auto cercando anche di evitare di finire nella zona ZTL. Devo dire che la location era posizionata nella città più a vantaggio dei che per coloro che dovevano raggiungerla in auto.
Comunque gli 8000 metri quadrati del Superstudio Più erano ben organizzti, suddivisi bene nelle varie aree a tema ed hanno retto lo straordinario afflusso.
Di seguito come al solito, il portato di alcune reminiscenze che si sono depositate nel ricordo, tra i tanti stand visitati e che quindi reputo doveroso evidenziare.
Per gli amanti del formaggio è stata sicuramente un’occasione da non perdere l’assaggio del Bagoss di Bagolino (Presidio Slow Food dal 1999). Le vacche, rigorosamente di razza Bruna Alpina, della Cooperativa Valle di Bagolino, pascolano in alta montagna, lungo la valle di Bagolino (BS), ad una altezza tra i 1800 ed i 2300 metri d’estate e in stalla presso l’alpeggio a 900 mt di inverno. Si nutrono rigorosamente di erba, fieno d’alpeggio e producono quindi un latte estremamente pregiato. La storia vuole che fossero i Romani che attraverso un loro presidio chiedessero ai Bagossi (gli abitanti di Bagolino) di produrre il formaggio e di mettervi un pizzico di zafferano dentro, giusto per il colore. La lavorazione del latte avviene a crudo e da 350 litri di latte si ottengono circa 20 kg di formaggio attraverso un rigido disciplinare di produzione. La stagionatura varia da 12 a 60 mesi. Ne risulta un formaggio ricco, compatto, dal sapore forte e deciso. Leggermente speziato da note di fieno d’alpeggio. Tende a diventare piccante se stagionato molto. Cambia al gusto a seconda delle annate e delle forme siano esse estive o invernali. Formaggio da assaporare o per insaporire, non da tutti i giorni, anche dato il prezzo che è decisamente sopra la media.

Abitando sul Lago di Como e quindi in una zona di oliveti ed in famiglia dilettandoci a produrre olio per uso personale. Non potevo non soffermarmi presso diversi stand per assaggiare olio di differenti aziende agricole. Quello dell' Oleificio Sant'Anna di Marsala (TP) mi è parso quello più caratteristico con un ottimo rapporto qualità/prezzo. Il sapore non è erbaceo, ma morbido e piacevole. Nella produzione più recente si sente con maggiore insistenza l'oleocantale che si manifesta con un pizzicore in gola che si addomestica dopo alcuni mesi di bottiglia. Questa sostanza è indice di qualità ed è salutare in quanto l'oleocantale è un antiinfiammatorio.

Tra i micro birrifici artigianali presenti il quello 32 via dei birrai è l'unico che mi stuzzica una segnalazione.
Dalla Tre+Due, giocata sul floreale, leggermente speziata con note di coriandolo ed agrumate, alla Admiral, con leggera tostature e ricordi di caramello, attraverso la Oppale, più luppolata e segnata da sentori di frutta tropicale;  si caratterizzano per una entrata anonima e sentori al naso leggeri, per poi allungarsi al palato con una più che discreta persistenza.

La sosta presso il take away, il mangiainpiedi della gastronomia di qualità è d'obbligo prima di affrontare gli stand del vino. E scelta più azzeccata non poteva esserci perchè mi imbatto nella Focaccia di Recco di Manuelina, strepitosa.

Presso gli stand del vino, sorvolando la Trento DOC, che a mio avviso poteva essere meglio rappresentata, la mia attenzione è stata attratta principalmente da due aziende che non conoscevo.

Il Maso Thaler, azienda che nasce dalla passione famigliare dei Motta, trasferitisi nell'omonimo Maso situato a 650 mt di altezza appena sopra Montagna (BZ) attorniato dai boschi del Parco Naturale del Monte Corno.I vini del Maso nascono dalle varietà bianche quali la Iaturna, Manzoni, Sauvignon e Chardonnay e da quella nera, il Pinot Nero. Cattura il maggior interesse il Pinot Nero, che lascia parlare il frutto di bosco ed il varietale e si caratterizza per scorrevolezza, freschezza ed sapidità, esaltandone le caratteristiche anche dovute alla vocazione della zona di allevamento.
Azienda agricola Sesta di Sopra , situata a sud di Montalcino verso Castelnuovo dell'Abate. L'allevamento del Sangiovese Grosso è condotto è a cordone speronato e condotto su terreni di medio impasto, prevalentemente calcarei. la vinificazione avviene con macerazione prefermentativa a basse temperature, poi condotta con una lunga macerazione sulle bucce a temperatura controllata. Il rosso di Toscana fatto con il Sangiovese in purezza e con solo affinamento in acciaio non mi ha convinto. Mi aspettavo di sentirne maggiormente il varietale. Rispetto al Brunello di Montalcino, speziato, dove l'alcol ha prevalso, ho trovato più a fuoco il Rosso di Montalcino, per colore e sentori, anche se con qualche incursione vanigliata da legno, seppur lieve.

Una azienda che forse da sola meritava il giro per gli stand del vino di Golosaria era certamente quella di Lino Maga e del suo celeberrimo Barbacarlo. I vitigni di Croatina, Vespolina ed Uva Rara provengono da una collina denominata appunto Barbacarlo. In vigna non vengono utilizzati diserbanti o altri prodotti chimici e la produzione varia a seconda delle condizioni climatiche dell'annata. Le uve raccolte a mano, selezionate e conferite in cantina vengono pigiate e fatte fermentare in tini di rovere usati. La svinatura avviente entro 10 giorni e successivamente vengono effettuati travasi per decantare il vino naturalmente. Dopo circa 6 mesi viene imbottigliato e lasciate le bottiglie orizzontalmente per più di un mese. Viene messo in commercio dopo ulteriori 6 mesi di affinamento in bottiglia. Più che mai il vino in questo caso è frutto della sua annata ed ha la libertà di evolversi ed esprimersi liberamente durante la sua permanenza in bottiglia, mostrandosi anche incredibilmente longevo. Così l'annata gli può conferire un gusto secco o amabile o addirittura dolce e di conseguenza l'evoluzione in bottiglia può portarlo ad una rifermentazione spontanea o a lasciarlo secco. 
L'annata 2010 assaggiata presenta un vino asciutto, con un tentativo di rifermentazione in bottiglia che rende curiosa la beva resa scorrevole da un piacevole frutto rosso e da una buona acidità. Chiude con un pai leggermente amaricante. Vino di ottima prospettiva di invecchiamento. Ho parlato di questo vino così, per farlo conoscere a chi non ne avesse mai sentito parlare, ma il miglior modo per assaporare questo vino è approcciarlo dopo diversi anni di bottiglia lasciando parlare il gusto inteso come relazione con se stessi, il vino e la persona che lo ha creato, conoscendone la genesi e soprattutto dopo aver conosciuto Lino Maga.

Non potevo non soffermarmi presso l'unica realtà rappresentativa della zona vitivinicola a me più prossima, ovvero la Valtellina. Si tratta dell'azienda Dei Giop, di Gianluigi Rumo presso Villa di Tirano.
Prima di assaggiare i loro vini che lasciano parlare il Nebbiolo, è necessario parlare con Gianluigi. persona mite, che trasmette serenità e passione per il proprio lavoro. Di conseguenza i suoi vini dal Nebbiolo, al Rosso di Valtellina, al Valtellina Superiore Le Feline, al Sfursat (forse quello meno a fuoco), lasciati opportunamente respirare nel bicchiere, trasudano di autenticità e di rispetto per il vitigno. Lineari, precisi, giustamente floreali, freschi, sapidi ed in equilibrio con l'alcolicità. Mi son ripromesso che li andrò a trovare per mettere a fuoco tutta la loro produzione.


Infine non poteva mancare l'assaggio dei vini dell'Azienda Travaglini. Un  Gattinara sempre sugli scudi ed un Sogno, esperimento che prende sempre più fisionomia all'interno della ricerca dei giusti ritmi di appassimento del Nebbiolo piemontese. Dovrò aprire la 2001 che ho ancora in cantina. Stay Tuned !